Life is not always a matter of holding good cards, but sometimes, playing a poor hand well

"Dai territori del Grande Nord, esplorati quand'era giovanissimo, ai mari del Sud, percorsi a più riprese negli ultimi anni sul suo yacht, passando per l’Inghilterra, dove ha condiviso l’esistenza bruta dei proletari, il Giappone, in occasione del conflitto russo-giapponese, il Messico, al seguito della rivoluzione di Pancho Villa, e soprattutto l’America, attraversata in lungo e in largo come vagabondo prima e poi come cronista di lotte politiche e dell’amata boxe, Jack London (1876 – 1916) ha sofferto la fame e dilapidato patrimoni, si è battuto in ogni campo, ha tentato il suicidio, ha bevuto come pochi e, soprattutto, si è fatto le ossa come scrittore. 
Così tutto quello che ha passato si è impresso a lettere di fuoco nei suoi libri."



Questa è la pagina introduttiva dei romanzi e dei racconti di Jack London editi da Adelphi. Ora ditemi, con una introduzione del genere come fai a non voler leggere tutto ciò che ha scritto quest'uomo? E soprattutto, come fai a non pensare che avresti voluto conoscerlo, sedertici al pub insieme mentre ti racconta di tutti i posti pazzeschi che ha visto, dei matti sconclusionati con cui ha parlato, delle follie che gli sono venute in mente all'ultimo, e sentirgli dire: "Mi sa che mi sono stufato di stare qui in Inghilterra, stavo pensando di salire a bordo della Fujimakushi giù al porto domattina, ho conosciuto un marinaio ieri all'incontro di boxe clandestina e mi ha detto che hanno un carico di proiettili da portare come rifornimento per le retrovie giapponesi. C'è un giornale qui che cerca coraggiosi per scrivere qualcosa su quella guerra, sono a corto di gente. Beh, è stato un piacere, se torno ti scrivo e ci rivediamo qui! Ah, a proposito...l'idea di farmi costruire lo yacht per girare il mondo non l'ho accantonata ma mi servono soldi, e questi pagano bene!"

Magari sono miei film mentali, ma solo una persona che bramava di conoscere il mondo e che gustava ogni esperienza fino all'ultima stilla poteva descrivere immagini così vivide. Forse ne ho lette tante di più belle, ma cavolo, in questa mi ci ritrovo, è ciò che noterei io, il tipico paesaggio che mi riempie l'anima:

L'ultimo bagliore del tramonto si spegneva sulle deserte solitudini gelate e, contro l'indistinto colore del cielo, più viva spiccava la massa scura degli abeti che premevano e incalzavano il corso gelato del fiume.
Il vento che sino allora aveva impazzato, strappando dagli alberi la veste gelata che li aveva ricoperti, ora aveva tregua.
Nessun rumore, nessuna voce d'uomo rompeva quel silenzio, e la natura, sempre uguale da che è nato il mondo, dominava incontrastata.


Voglio leggerli tutti! Prima o poi...

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