Domenica mattina.

Domenica mattina è il tempo della lentezza.

E' il momento in cui la sveglia non devi puntarla, e non devi ascoltarla. Ma non devi svegliarti tardi solo per recuperare i bagordi del sabato, che poi hai un cerchio alla testa maestoso. 

Dovresti potere svegliarti mettendoci cinquanta minuti, preferibilmente accanto a lei. 

E il problema principale, nell'immediato, dovrebbe essere quello dello scegliere il bar per fare colazione.

O se proprio devi svegliarti presto, devi farlo perché stai andando in un posto irripetibile, e allora è giusto che tu ti goda quel posto di domenica mattina, perché ogni posto ha una luce diversa, di domenica mattina.

La domenica mattina dovrebbe suonare di "Heart of Gold" di Neil Young, e dovrebbe esserci il sole, ma con il vento fresco, perché passeggiare per le vie della città, osservando come le persone si vestono di tutto punto semplicemente per andare in piazza, deve essere un piacere. 

Lentezza.

Lentezza nel gustare il cappuccino, nell'osservare il pulsare diverso della città, delle città, perché io le ho sempre viste come strani esseri viventi, ed ognuna ha un modo differente di vivere il giorno del riposo.

Milano, in centro, respira e vive di un'aria che se non la provi, non ci credi. Provate ad addentrarvi nei vicoli che il giorno dopo saranno affollati da giacche e da cravatte. Assaporate la lentezza che riprende possesso temporaneo di luoghi frenetici. Del sole che tramonta su acciaio e vetro e pietre antiche, nel silenzio.


Roma è un posto diverso da quartiere a quartiere. Ci sono posti dove la lentezza è di casa anche non di domenica, e posti che vivono di un'altra giovinezza nel settimo giorno della settimana. Prendete Trastevere, alle dieci della domenica. I resti del sabato sera di follie e di caos sono ancora lì, ma sembra di esser tornati al secolo scorso. 

Firenze la dovete vivere senza i turisti. O perlomeno, tagliateli con il photoshop della vostra immaginazione. O andate in posti dove alla mattina della domenica i turisti non possono arrivare. Firenze è una città molto "scialla" di suo, sempre, a parte il traffico. Figuratevi la domenica mattina.

Prato la domenica mattina è nelle famiglie che passeggiano, nelle colazioni sui tavolini delle piazze, nelle chiese che suonano le campane. Tipo Pescara, senza il lungomare. E' provincia, e va bene così.

Si, è Pistoia. Ma vale lo stesso.

Domenica mattina è comprare un libro, e leggerlo sulla panchina, senza stare a guardare continuamente l'orologio, gustare tutto fino all'essenza, della lentezza che si impadronisce, illusa, di questo mondo frenetico.

E' uscire di casa con la fotocamera e girare a caso, perché se capita quel momento strano voglio tenerlo con me. E perché, ovunque tu viva, è quello il momento giusto per scoprire davvero il posto che ti ospita, perché hai il tempo per notare quel palazzo particolare, quel campanile che non avevi mai osservato, quella scritta sul muro.

Domenica mattina è pensare a cosa cucinare di speciale, anche se sei solo, perché ne dovresti avere tutto il tempo necessario. Se c'è lei, provare qualcosa di mai provato perché c'è tutto il tempo del mondo, e sperimentare insieme è una cosa che nessuno potrà toglierci mai.

Gustare il caffè dopo pranzo, come un rito. Un rito tra i tanti, che fanno parte del sacro che nella domenica si è perso, perché non c'è più quel "è chiuso sicuramente, è domenica" che era un leitmotiv, qualche anno fa. 

Se mi sveglio troppo tardi, la domenica, che per esempio è già ora di pranzo, rosico. Da matti. Perché mi sono perso la lentezza delicata della mattina, che nessun sabato può restituirmi. Perché la domenica pomeriggio è peggio del lunedi mattina. Perché è lì che ti coglie la malinconia, l'ansia del giorno dopo, il dover ripartire di nuovo, dirle ciao per altri 13 giorni, il dover ricominciare a pianificare tutto perché il tempo non ti basta mai.

Eh niente, bentornati sul blog, con la solita stupidata piena di ovvietà gettata lì a caso per rompere il ghiaccio post vacanza.
Con lentezza.


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